A proposito di Illusioni e Disillusioni…



Nessuna pagina di letteratura sull’argomento Chimere del Cuore è paragonabile a quelle semplici e crudeli scritte da G. Garcia Marquez nel suo “L’amore ai tempi del colera”.
Alla seconda rilettura, d’obbligo dopo l’uscita del film (a proposito: Javier Bardem con il suo faccione pallido e un poco lascivo è perfetto nei panni del triste cacciatore notturno in finanziera di panno nero, e la sua goffa figura si è sovrapposta alla perfezione a quella che avevo immaginato anni fa per Florentino Ariza), si riconferma la mia meraviglia per un universo perfetto, fatto di immagini così vivide da imprimersi per sempre nella mia memoria di lettrice, al pari di un ricordo reale.
E, a proposito di Illusioni e Disillusioni, eccolo il brusco risveglio di Fermina Daza dal suo delirio d’amore: un solo effimero istante nella bolgia del Portal de los Escribanos, per spazzare via mesi di corrispondenze febbrili e di ostinata passione.

“Alle sue spalle, così vicino al suo orecchio che solo lei poté sentirla nella confusione, aveva sentito la voce: “Questo non è un buon posto per una dea incoronata.”
Lei girò la testa e vide a due palmi dai suoi occhi gli altri occhi glaciali, il viso livido, le labbra impietrite dalla paura, così come le aveva viste nel tumulto della messa di mezzanotte la prima volta che lui era stato così vicino a lei, ma a differenza di allora non sentì la commozione dell’amore ma l’abisso del disincanto. In un istante le si rivelò nella sua completezza la misura del suo stesso inganno, e si chiese atterrita come avesse potuto covare per tanto tempo e con tanta sevizia una simile chimera nel cuore.
A malapena riuscì a pensare: “Dio mio, pover’uomo!”. Florentino Ariza sorrise, cercò di dire qualcosa, cercò di seguirla, ma lei lo cancellò dalla sua vita con un cenno della mano. “No per favore” gli disse. “Se lo scordi.”

L’abisso del disincanto.
La misura del suo stesso inganno.Ma può l’Amore essere solo una chimera curata e nutrita dalle nostre fantasie ed illusioni?
Davvero possiamo costruire giorno dopo giorno l’oggetto della nostra passione, colorandolo con i colori che amiamo, attribuendogli le sensazioni e le emozioni che vorremmo sapere sue, scolpendolo su misura dei nostri desideri fino a far scomparire il (per noi) trascurabile simulacro della persona reale… per poi accorgerci un giorno con orrore di aver “covato con tanta sevizia una tale chimera nel cuore”?No per favore. Se lo scordi.Poche secche parole per mandare in frantumi in un istante l’idolo da noi stesse creato…
Ma in fondo cosa cambierebbe, per l’oggetto del desiderio caduto in disgrazia, tra dieci e mille parole?

“Fermina Daza aveva respinto Florentino Ariza in un baleno di maturità che pagò immediatamente con una crisi di compassione, ma non dubitò mai che la sua decisione non fosse stata giusta. Sul momento non riuscì a spiegarsi quali motivi occulti della ragione le avessero dato quella lungimiranza, ma molti anni dopo, già sulla soglia della vecchiaia, li scoprì all’improvviso e senza sapere come in una conversazione casuale su Florentino Ariza. Tutti i presenti conoscevano la sua condizione di delfino della Compagnia Fluviale del Caribe nel suo momento di apogeo, tutti erano sicuri di averlo visto molte volte, e anche di aver fatto affari con lui, ma nessuno riusciva a identificarselo nella memoria.
Fu allora che Fermina Daza ebbe la rivelazione dei motivi inconsci che le avevano impedito di amarlo. Disse “E’ come se non fosse una persona ma un’ombra”. Ed era proprio così: l’ombra di qualcuno che nessuno ha mai conosciuto.”

L’ombra di qualcuno che nessuno ha mai conosciuto, neppure e soprattutto l’Amata.
Ma chissà… forse all’Amata poco interessava il vero, profondo e complesso Io dell’oggetto del suo amore, troppo presa a trasformarlo da uomo reale (e magari banale) in un dio coperto di rose e ad ornarlo e trasfigurarlo con tutti i meravigliosi gingilli ed orpelli che il suo cuore avesse saputo immaginare.

Ma si può davvero cancellare con un gesto della mano una passione?
Senza tentennamenti, senza dubbi… senza rimpianti?

“Fermina Daza continuò ad aprire il balcone al mattino per vari mesi, e sempre di meno spuntava il fantasma solitario che la spiava nel giardinetto deserto, vedeva l’albero che era stato suo, la panchina meno visibile dove si sedeva a leggere pensando a lei, a soffrire per lei, e doveva richiudere la finestra sospirando: “Pover’uomo”. Soffrì anche la delusione che lui non fosse così pertinace come lei aveva supposto, quando era già troppo tardi per rappezzare il passato, e non cessò di sentire qualche volta l’ansia tardiva di una lettera che non arrivò mai.”

Nell’universo femminile delle schermaglie d’amore molto spesso “Non cercarmi più” significa una cosa dalle sfumature ben diverse: “Cercami ancora ed ancora. Senza stancarti dei miei silenzi ostinati o delle mie cattive risposte. Tu cercami. Non lasciarmi nell’ansia di attendere. Non deludermi mostrandomi che non muori d’amore per me”.Ma nonostante un po’ di delusione ed ansia tardiva (tipiche di una dea incoronata) la determinazione dell’Amata non inciampa nelle trappole della nostalgia.

Allora tutti i dubbi si dissiparono e poté fare senza rimorsi quello che la ragione le indicò come la cosa più decente: passò un colpo di spugna senza lacrime sul ricordo di Florentino Ariza, lo cancellò completamente, e nello spazio che occupava nella sua memoria lasciò che fiorisse una grande prato di papaveri. L’unica cosa che si permise fu un sospiro più profondo del solito, l’ultimo: “Pover’uomo!”.

Niente di più leggero e di più crudele: un grande prato di papaveri al posto del Pover’uomo.
Ma è davvero così semplice?


Miss Bailing

Informazioni su Miss Bailing

Gypsetter, sognatrice, viaggiatrice entusiasta ed instancabile. La mia passione più grande sono i cavalli e il mio tesoro è Sero, un sauro di 30 anni con cui ho condiviso buona parte della mia esistenza. Come Emma Bovary anche io oscillo perennemente tra il mio lato mistico (che vorrebbe ritirarsi a meditare in un ashram indiano) e quello bohémien, il cui sogno nel cassetto è una chambre de bonne nel Marais.

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