A proposito del film “Caos calmo”.
E’ un film sull’elaborazione del lutto, meno bello ma quasi altrettanto triste di “La stanza del figlio“.
E’ un film sull’incapacità di esternare la sofferenza, forse addirittura sull’incapacità di soffrire (“se mia figlia non soffre, è perché io non soffro abbastanza” si dice il protagonista).
E’ un film sugli sconosciuti con cui trascorriamo e dividiamo la nostra esistenza (tra le ossessive liste compilate mentalmente dal protagonista durante le sue infinite giornate trascorse nei giardinetti della scuola, c’è quella “compagnie aeree con cui ho viaggiato” ma anche quella “cose che non sapevo di mia moglie“).
Il film si guadagna la mia simpatia fin dalle battute iniziali grazie alla bellissima canzone degli Stars “your ex-lovers is dead“, molte scene riescono a lasciarmi una sensazione di tristezza, alcune mi fanno sorridere, ma in generale è un lavoro che non mi commuove né mi colpisce più di tanti altri.
Nanni Moretti è sempre esageratamente simile a se stesso: questo non è necessariamente un difetto, può anche essere una sorta di “marchio di fabbrica” (come per le nevrosi dei personaggi di Verdone e della Buy), ma a lungo andare porta a fare paragoni con i vecchi film e a trovare il tutto un po’ ripetitivo.
[Ad esempio quando Nanni Moretti dice al fratello (un Gasmann travestito da Costantino Vitagliano… da brivido!): “io non sto fermo qui, io mi muovo” come si fa a non pensare al: “faccio cose, vedo gente” di “Ecce Bombo” (quello sì un cult nel suo genere, un “manifesto morettiano“!)?!?].
La contestata scena di sesso.
Non è poi così forte a mio parere (addirittura soft rispetto alla scena piuttosto simile di “Lust, caution” di Ang Lee), ma non poteva che essere girata così: perché non è una scena d’amore ma una scena di rivalsa, di rivalsa sulla morte e pure sulla vita (che non è tutta rose e fiori, anzi!), di rivalsa sul destino, di rivalsa su una moglie morta e su un marito che avrebbe voluto morta la sua, di moglie.
E’ un film sull’elaborazione del lutto, meno bello ma quasi altrettanto triste di “La stanza del figlio“.
E’ un film sull’incapacità di esternare la sofferenza, forse addirittura sull’incapacità di soffrire (“se mia figlia non soffre, è perché io non soffro abbastanza” si dice il protagonista).
E’ un film sugli sconosciuti con cui trascorriamo e dividiamo la nostra esistenza (tra le ossessive liste compilate mentalmente dal protagonista durante le sue infinite giornate trascorse nei giardinetti della scuola, c’è quella “compagnie aeree con cui ho viaggiato” ma anche quella “cose che non sapevo di mia moglie“).
Il film si guadagna la mia simpatia fin dalle battute iniziali grazie alla bellissima canzone degli Stars “your ex-lovers is dead“, molte scene riescono a lasciarmi una sensazione di tristezza, alcune mi fanno sorridere, ma in generale è un lavoro che non mi commuove né mi colpisce più di tanti altri.
Nanni Moretti è sempre esageratamente simile a se stesso: questo non è necessariamente un difetto, può anche essere una sorta di “marchio di fabbrica” (come per le nevrosi dei personaggi di Verdone e della Buy), ma a lungo andare porta a fare paragoni con i vecchi film e a trovare il tutto un po’ ripetitivo.
[Ad esempio quando Nanni Moretti dice al fratello (un Gasmann travestito da Costantino Vitagliano… da brivido!): “io non sto fermo qui, io mi muovo” come si fa a non pensare al: “faccio cose, vedo gente” di “Ecce Bombo” (quello sì un cult nel suo genere, un “manifesto morettiano“!)?!?].
La contestata scena di sesso.
Non è poi così forte a mio parere (addirittura soft rispetto alla scena piuttosto simile di “Lust, caution” di Ang Lee), ma non poteva che essere girata così: perché non è una scena d’amore ma una scena di rivalsa, di rivalsa sulla morte e pure sulla vita (che non è tutta rose e fiori, anzi!), di rivalsa sul destino, di rivalsa su una moglie morta e su un marito che avrebbe voluto morta la sua, di moglie.