Oggi pomeriggio sono andata a trovare una vecchia compagna di studi, Donna in Carriera, nel suo Studio Legale.
Se dovessi coniare una definizione per lei, quella ideale potrebbe essere “Verbo del Diritto“, e già da questo si capirà che ai vecchi tempi non era certo la mia amica del cuore.
Cioè, come può una Piantatrice di Tulipani, Passeggiatrice di Cani e Cavalli e Creatrice di Composizioni Floreali, quale sono io nella mia essenza quotidiana [salvo trasformarmi in Shopping Victim e Nevrotica Viveur, quando abbandono temporaneamente la Casa&Country in cui trascorro la mia esistenza, per recarmi in Città, e con Città intendo le Città vere, non il Paesotto o il Capoluogo di Provincia grigio e sciatto], essere amica del cuore del Verbo del Diritto?!?
E infatti ci frequentavamo il minimo indispensabile e lei disse addirittura di me una frase che è praticamente passata alla storia: cioè che io andavo a lezione tanto per “scaldare la sedia“.
Ma io non porto rancore, anzi! Chi mi conosce bene sa che tra i miei pregi c’è quello di apprezzare la sincerità e quello di saper ridere di me stessa, e quindi è stato proprio dopo quella famosa frase (detta chiaramente in faccia) che ho cominciato a trovarla simpatica, nonostante sia assolutamente e totalmente priva di due qualità per me essenziali: amare lo Shopping ed esercitare con maestria l’Arte del Pettegolezzo.
Quindi oggi mi sono vestita con la massima cura nel più perfetto stile country chic. Innanzitutto ho messo uno dei miei tre kilt scozzesi.
Prima di partire per la Scozia la scorsa estate ho visto il film “The Queen” (www.imdb.com/title/tt0436697/) e ho deciso che il leit motif del mio autunno-inverno 2007-2008 sarebbe stato lo stesso di sua Maestà Reale in vacanza a Balmoral: cioè gonna scozzese, foulard di seta e trench e di conseguenza ho fatto scorta di gonne a pieghe direttamente dai kiltmakers James Pringle di Inverness e John Morrison di Edimburgo.
Ho fatto lo chignon (pettinatura che di solito evito); ho messo in testa il nastrino di Hermès al posto del cerchietto (idea che ho copiato impunemente da una delle Commesse Miss Simpatia del negozio di Via Sant’ Andrea); ho messo la giacchina di velluto invece del cappotto, e pure le ballerine di Miu Miu invece degli stivali stile equitazione ( perché tanto erano 15 °C e non potevo prevedere che tempo 10 minuti sarebbe venuto giù il diluvio e la temperatura sarebbe scesa a 7°C!); ho evitato per un pelo l’agguato del mio cucciolo di dobermann che non aspettava altro che saltarmi addosso e leccarmi in faccia, e mi sono messa in macchina.
Insomma più o meno allegra e contenta, con la mia fidata Saddle Bag in spalla ho fatto i circa 20 km che dividono la suddetta Casa&Country dal Paesello dove vive ed esercita la mia amica.
Abbiamo cominciato a chiacchierare ma, una volta esaurito il gossip di rito sui conoscenti in comune, ho cominciato a provare la sensazione di disagio fisico e morale che da qualche mese a questa parte provo ogni volta che sento parlare di Diritto, Avvocatura &Co: noia mortale, sbadigli in sequenza, pensieri che corrono incontrollati verso altri lidi (più o meno la stessa cosa che provavo quando facevo Yoga e la mia simpatica insegnante ci faceva meditare per mezz’ora, abbandonati a noi stessi, a fine lezione).
Ormai sono passati anni da quando ho avuto la brillante idea di iscrivermi a Giurisprudenza, ma sempre più spesso un quesito esistenziale di dimensioni mostruose mi assale (togliendomi quasi il sonno): ma che avevo in testa?!? a cosa pensavo?!? come ho potuto?!?
Chiaramente il quesito rimane senza risposta.
Se dovessi coniare una definizione per lei, quella ideale potrebbe essere “Verbo del Diritto“, e già da questo si capirà che ai vecchi tempi non era certo la mia amica del cuore.
Cioè, come può una Piantatrice di Tulipani, Passeggiatrice di Cani e Cavalli e Creatrice di Composizioni Floreali, quale sono io nella mia essenza quotidiana [salvo trasformarmi in Shopping Victim e Nevrotica Viveur, quando abbandono temporaneamente la Casa&Country in cui trascorro la mia esistenza, per recarmi in Città, e con Città intendo le Città vere, non il Paesotto o il Capoluogo di Provincia grigio e sciatto], essere amica del cuore del Verbo del Diritto?!?
E infatti ci frequentavamo il minimo indispensabile e lei disse addirittura di me una frase che è praticamente passata alla storia: cioè che io andavo a lezione tanto per “scaldare la sedia“.
Ma io non porto rancore, anzi! Chi mi conosce bene sa che tra i miei pregi c’è quello di apprezzare la sincerità e quello di saper ridere di me stessa, e quindi è stato proprio dopo quella famosa frase (detta chiaramente in faccia) che ho cominciato a trovarla simpatica, nonostante sia assolutamente e totalmente priva di due qualità per me essenziali: amare lo Shopping ed esercitare con maestria l’Arte del Pettegolezzo.
Quindi oggi mi sono vestita con la massima cura nel più perfetto stile country chic. Innanzitutto ho messo uno dei miei tre kilt scozzesi.
Prima di partire per la Scozia la scorsa estate ho visto il film “The Queen” (www.imdb.com/title/tt0436697/) e ho deciso che il leit motif del mio autunno-inverno 2007-2008 sarebbe stato lo stesso di sua Maestà Reale in vacanza a Balmoral: cioè gonna scozzese, foulard di seta e trench e di conseguenza ho fatto scorta di gonne a pieghe direttamente dai kiltmakers James Pringle di Inverness e John Morrison di Edimburgo.
Ho fatto lo chignon (pettinatura che di solito evito); ho messo in testa il nastrino di Hermès al posto del cerchietto (idea che ho copiato impunemente da una delle Commesse Miss Simpatia del negozio di Via Sant’ Andrea); ho messo la giacchina di velluto invece del cappotto, e pure le ballerine di Miu Miu invece degli stivali stile equitazione ( perché tanto erano 15 °C e non potevo prevedere che tempo 10 minuti sarebbe venuto giù il diluvio e la temperatura sarebbe scesa a 7°C!); ho evitato per un pelo l’agguato del mio cucciolo di dobermann che non aspettava altro che saltarmi addosso e leccarmi in faccia, e mi sono messa in macchina.
Insomma più o meno allegra e contenta, con la mia fidata Saddle Bag in spalla ho fatto i circa 20 km che dividono la suddetta Casa&Country dal Paesello dove vive ed esercita la mia amica.
Abbiamo cominciato a chiacchierare ma, una volta esaurito il gossip di rito sui conoscenti in comune, ho cominciato a provare la sensazione di disagio fisico e morale che da qualche mese a questa parte provo ogni volta che sento parlare di Diritto, Avvocatura &Co: noia mortale, sbadigli in sequenza, pensieri che corrono incontrollati verso altri lidi (più o meno la stessa cosa che provavo quando facevo Yoga e la mia simpatica insegnante ci faceva meditare per mezz’ora, abbandonati a noi stessi, a fine lezione).
Ormai sono passati anni da quando ho avuto la brillante idea di iscrivermi a Giurisprudenza, ma sempre più spesso un quesito esistenziale di dimensioni mostruose mi assale (togliendomi quasi il sonno): ma che avevo in testa?!? a cosa pensavo?!? come ho potuto?!?
Chiaramente il quesito rimane senza risposta.