Ieri sera ho visto una buffa e catastrofica commedia con Robin Williams: Vita da camper.
L’ho trovata molto carina soprattutto perché, ahimè, io ho passato metà delle estati della mia infanzia e buona parte di quelle della mia adolescenza a girare in lungo e in largo per l’Europa in camper.
Chiaramente odiavo le vacanze in camper.
Odiavo anche passare tre mesi al mare con mia nonna da bambina, ma almeno in tre mesi, nonostante il mio carattere naturalmente scontroso, riuscivo ad avere una parvenza di vita sociale e a trovarmi dei compagni di gioco.
Ma la vacanza in camper era una vera e propria agonia.
Non ero abbastanza intelligente da essere grata ai miei genitori per avermi strappata al triste destino della maggior parte dei bambini italiani: una settimana al mare e una in montagna, probabilmente sempre negli stessi identici luoghi, fino quasi alla maggiore età.
Non potevo essere loro grata perché in realtà era proprio quello il mio sogno: trascorrere tutta l’estate al mare nello stesso luogo dove lo trascorrevano le mie amichette del cuore, cioè a meno di 100 km da casa.
Diventai adolescente e i viaggi in camper continuarono.
Non mi mancavano più i compagni di giochi ma gli amori estivi.
La mia massima conquista fu intorno ai 15 anni: in Finlandia conobbi un tedesco di una decina d’anni più vecchio e passammo la serata a chiacchierare in francese e a mangiare gelati nel baretto del campeggio.
Chiaramente il giorno dopo proseguimmo il viaggio (i camperisti non si fermano mai più del necessario in uno stesso luogo, il loro spirito nomade li spinge sempre altrove) ma almeno, magra consolazione, avrei avuto un’avventura da raccontare al ritorno a casa.
Mio padre finalmente comprò una casa al mare (e per di più nello stesso residence dove l’aveva la mia migliore amica!) ma ci passavo solo i week end, e qualche settimana con mia mamma a giugno o a settembre: a luglio ed agosto continuarono i viaggi.
Il camper fu venduto e l’Europa fu sostituita dal Resto del Mondo.
Ed io continuavo ad essere sommamente scontenta e scazzata.
Il fatto che viaggiassimo in aereo invece che sulle quattro ruote non faceva alcuna differenza per me: il mio desiderio era sempre e solo quello di starmene sotto un ombrellone con le mie amiche, a fantasticare e spettegolare.
Non me ne fregava niente di Malta, dell’Egitto, della Thailandia, di Singapore, di Hong Kong, della Cina, del Sud Africa, del Mar Morto o del Parco Kruger…
L’unico viaggio che incontrò il mio favore fu quello di due settimane alle Maldive nell’agosto dei miei 18 anni: finalmente una vacanza che non fosse nomade.
Riuscii a trovarmi “un’amica del cuore” e ad innamorarmi di un paio di animatori e al mio ritorno, abbronzata e contenta, ebbi finalmente materiale per chiacchiere e sospiri.
Ora che sono cresciuta e che sono meno sciocca di quanto non fossi allora, sono finalmente in grado di essere immensamente grata a mio papà e alla sua passione per i viaggi, che mi ha permesso di vedere una meravigliosa porzione di Mondo ancor prima di raggiungere la maggiore età.
Io non sono una grande fan di Robin Williams, però è uno dei suoi film quello che in assoluto mi ha fatta piangere di più: L’attimo fuggente.
Ancora mi ricordo quanto ho pianto e singhiozzato la prima volta che l’ho visto!
Ricordo che era piaciuto molto anche a me quel film, e poi Robin è sempre Robin. 😛