“Abbiamo tutti due vite.
Quella vera, quella che abbiamo sognato da bambini
e che continuiamo a sognare da adulti, come persi nella nebbia.
E quella falsa, quella che viviamo
giorno dopo giorno insieme agli altri.
La vita pratica e utile,
quella che ci conduce nella tomba.”F. Pessoa
Notturno indiano di Alain Corneau, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Tabucchi, è un film sull’India ed un film sul Viaggio.
E’ la cronaca di un viaggio attraverso i paesaggi, la filosofia, la religione e l’arte indiana.
Ma soprattutto, ed ovviamente, è la cronaca di un viaggio di trasformazione e di ricerca: la ricerca da parte del protagonista di un altro da sé (l’amico Xavier), che diviene infine e suo malgrado rituale ed iniziatica ricerca del sé.
E l’India in questo film c’è proprio tutta.
C’è l’India dei paesaggi struggenti come il canto di un usignolo notturno (e i due protagonisti, guarda caso, si chiamano proprio Rossignol e Mr. Nightingale), che ci scorrono davanti sulle note malinconiche di Schubert (Quintetto per archi in do magg. D.956).
C’è l’India derelitta dei quartieri a luci rosse di Bombay, e degli ospedali dove un reparto è riservato a “coloro per cui non c’è più niente da fare”.
C’è l’India notturna dei viaggi infiniti in treno o di una corriera che si ferma nel cuore della notte in mezzo al nulla, per ottantacinque minuti, solo per aspettare i passeggeri di un’altra corriera.
C’è l’India surreale delle conversazioni casuali: su una spiaggia di Goa con una scolaretta, a proposito di stelle estinte e stelle di neutroni (che sono le più belle, quando stanno per morire), o sul bordo di una piscina, con una fotografa che ha guardato in faccia l’orrore e che ora del mondo vorrebbe vedere “il meno possibile”.
C’è l’India in cui ognuno, dal cardiologo al maestro di teosofia, alla bambina con le trecce e il grembiulino, racchiude in sé una piccola e lucente perla di saggezza, una lezione di vita.
C’è l’India mistica e folle delle profetesse jaino che possono vedere il tuo karma per 5 Rupie.
O non vederlo affatto se, come nel caso del protagonista Rossignol, si è qualcun altro, si è solo maya (apparenza, illusione) e si è perduto l’atman (l’anima, il sé, la lealtà spirituale).
E allora ci si sentirà dire da un bambino, con disincantata semplicità: “Non è una questione di Rupie. Tu non ci sei e lei non può dire dove sei. Però se vuoi darci 10 Rupie le accettiamo.”
C’è l’India stereotipata di ogni occidentale: il luogo misterioso dove trovare la Risposta, dove andare a ricercare se Stessi.
Salvo poi scoprire alla fine della Ricerca, che non si ha più voglia di cercare, di trovare né di essere trovati.
comunque lo devo rivedere questo film, perchè non mi ricordo granchè.
ti stai preparando a dovere…..