“[…] era un’Africa distillata lungo tutti i suoi milleottocento metri di altitudine, quasi l’essenza forte e raffinata di un continente. I colori, asciutti ed arsi, parevano colori di terracotta. Gli alberi avevano un fogliame delicato e leggero, di una struttura diversa da quelli d’Europa […] Nelle grandi pianure crescevano sparsi i vecchi spineti nudi e torti e l’erba aveva l’odore pungente del timo e del mirto delle paludi: in certi punti il profumo era così forte da far dolere le narici.”
“Come erano belle le sere nella riserva masai quando, dopo il tramonto, giungevamo in una lunga fila presso un fiume o uno stagno per farvi sosta! L’oscurità fasciava quasi interamente le pianure folte di spineti, ma l’aria serbava un alone di chiarore. Sopra di noi ad ovest brillava, minuscola come un punto d’argento nel cielo giallo topazio, un’unica stella: durante la notte sarebbe diventata più grande e più radiosa.”
” Il respiro del panorama era immenso. Ogni cosa dava un senso di grandezza, di libertà, di nobiltà suprema. Il tratto più caratteristico del paesaggio, e della vita lassù, era l’aria. Ricordando un periodo passato sugli altipiani d’Africa, si ha la sensazione sconcertante di essere vissuti nell’aria. Il cielo era di solito celeste pallido o violetto, solcato da nubi maestose, senza peso, in continuo mutamento, erte come torri; ma aveva in sé un tale vigore d’azzurro da colorare anche i boschi e le colline accanto di una tinta fresca e profonda.”
“Ci si svegliava, la mattina, sugli altipiani e si pensava: Eccomi qui, è questo il mio posto.”
“I giovani masai vivono di latte e di sangue: è questa dieta forse a rendere la loro pelle così meravigliosamente morbida e setata. Il viso, dagli zigomi alti e le mascelle forti, è liscio, senza una ruga o un segno, tutto pieno; gli occhi senza trasparenza, occhi che non vedono, sono incastonati come due pietre nere in un mosaico. Gonfiano i muscoli del collo in modo stranamente sinistro, come un cobra incollerito, un leopardo o un toro in combattimento: una dimostrazione di virilità che equivale ad una dichiarazione di guerra al mondo intero, eccettuate le donne. Il grande contrasto, o l’armonia fra i visi lisci e pieni, i colli potenti, le larghe spalle rotonde e la sorprendente snellezza della vita e delle anche, le cosce magre, il ginocchio sottile, le gambe lunghe, diritte, nervose, dà loro la fisionomia di creature addestrate da una dura disciplina alla rapacità, alla bramosia, alla cupidigia estrema”.
“Talvolta nella riserva trovavo un’iguana sdraiata a prendere il sole, su una pietra piatta, nel letto di un fiume. Quelle grosse lucertole dalle forme poco eleganti, hanno un colore stupendo. Scintillano come pietre preziose, come le vetrate di una chiesa. Quando sentono avvicinarsi qualcuno sgusciano via, e sulla pietra vibra un lampo di azzurro, verde e porpora, una tinta che pare indugi un istante dietro di loro, nell’aria, come la coda luminosa di una cometa.”
“Lulu era una giovane antilope della tribù delle antilopi dei boschi, le più belle forse tra le antilopi africane. Poco più grandi dei daini, vivono nei boschi o nelle macchie; timide, ritrose, a differenza della antilopi della pianura si fanno vedere di rado. Ma le colline de Ngong e tutta la zona circostane erano il loro paradiso; se si andava a caccia o ci si accampava lassù di mattina presto o al tramondo le si vedeva sbucare dai cespugli e uscire nella radura. La loro pelliccia, in quella luce, splendava come rame […] Le mettemmo nome Lulu che in suaheli significa perla. Lulu era piccola come una gatta e aveva grandi occhi viola, sereni, le zampe così fragili che nel piegarsi e nel distendersi, quando si accucciava o si rialzava, pareva si dovessero spezzare. Le orecchie, lisce come seta, erano straordinariamente espressive; il naso nero come un tartufo. Gli zoccoli minuscoli le davano l’aria di una damigella cinese vecchio stile, con i piedi stretti nei lacci. Tenere in mano una cosa così perfetta era un’esperienza rara.”
“Una volta, durante un safari, avevo visto un branco di bufali – ben centoventinove- sbucare dalla nebbia del mattino, sotto un cielo di rame, ad uno ad uno; pareva che i bruni, massicci animali come di ferro, con le potenti corna ricurve ai lati non fossero in viaggio ma venissero creati là, sotto i nostri occhi, e mandati a spasso per il mondo appena finiti.”
“Avevo visto il leone reale, quando il sole non era ancora sorto e la luna stava declinando, tornare a casa dopo l’eccidio attraverso la pianura grigia, lasciando nell’argento dell’erba una scia scura, il muso ancora rosso fino alle orecchie; o durante la siesta del pomeriggio quando si riposava pacificamente in mezzo alla sua famiglia sull’erba bassa, all’ombra delicata e primaverile delle grandi acacie, nel suo giardino d’Africa.”
“Tante volte avevo assistito al passaggio delle giraffe, nella loro strana, inimitabile grazia vegetale, che non parevano un gregge di animali ma una famiglia di fiori rari dal lungo stelo, giganteschi e picchiettati. […] Creature orgogliose e innocenti, miti animali delle grandi pianure dal passo elegante […] Quando la testa piena di grazia, paziente, dagli occhi fumosi, sporgerà dalla cancellata dello zoo, si mostreranno a vicenda, ridendo, il lungo collo sottile: che là dentro sembrerà veramente troppo lungo. […] Rammenteranno mai le giraffe, nei lunghi anni che le attendono il paese perduto? Dove, dove sono scomparsi i prati, gli spineti, i fiumi, gli stagni, le montagne azzurrine? si chiederanno. La dolce aria alta sulle pianure si è sollevata e ritratta. Dove sono le altre giraffe, che correvano al loro fianco nelle lunghe galoppate sulla terra ondulata? Le hanno abbandonate, dileguandosi tutte quante; chissà se torneranno mai più.”
” Avevo visto una mandria di elefanti, nella fitta foresta indigena dove la luce si spargeva in picchiettature e chiazze tra i folti rampicanti, avanzare a passi lenti e misurati come avessero avuto un appuntamento alla fine del mondo.”
“Aveva intenzione di sorvolare Voi, al ritorno, per vedere se vi fossero elefanti. Gli indigeni gli avevano parlato di un branco di elefanti venuti dall’ovest, e soprattutto di un grosso maschio, grande due volte gli altri, che vagabondava nel folto, da solo.”
Le foto di questo post sono state scattate il 26 e 27 novembre all’interno dello Tsavo East National Park, in Kenya. I brani sono tutti tratti dal romanzo “La mia Africa” di Karen Blixen. Le foto del bagno degli elefanti sono state scattate dalla terrazza del Voi Safari Lodge.
Grazie ad Alphonce, la nostra guida, per la sua gentilezza, pazienza e simpatia.
accidenti che viaggio spettacolare, è uno di quelli che mi sogno da una vita. L’Africa mi attrae moltissimo, soprattutto dal punto di vista faunistico.
Auguroni in ritardo bella!
un bacio
Vedere gli animali dal vivo in Africa è un’emozione davvero indescrivibile, ti consiglio assolutamente di andare appena ne avrai l’occasione.
Un bacione :-***
Un post davvero suggestivo e commovente, sarà che Karen Blixen é la mia autrice preferita, ma é bello leggere le sue parole accompagnate da queste immagini magnifiche.La scrittura stessa acquista valore!
Ti auguro un nuovo anno sereno e ricco di nuove avventure.
con affetto
Cristiania
Grazie cara amica,
ricambio di cuore gli auguri: che il 2011 possa essere un anno sereno, felice e ricco di luoghi e Paesi nuovi da scoprire!
Un grosso abbraccio.
Il libro di Karen Blixen è di una bellezza indescrivibile.
Stupende le foto degli elefanti!
Purtroppo quando sono arrivata al Voi Lodge avevo la reflex completamente scarica e sono riuscita a fotografare il bagno degli elefanti solo con il cellulare 🙁
Vabbe’… meglio di niente!
Che colori incantevoli, credo che esistano solo in Africa..
Sono molto belle e la giraffa è simpaticissima!! 😀
Non hai idea di come fossero i colori dal vivo!
La savana, il cielo, e la vegetazione si tingono di tonalita’ diverse a seconda dell’ora del giorno, gli spazi sono sconfinati e gli animali compaiono all’improvviso come dei miraggi e sono completamente indifferenti alla temporanea presenza dell’uomo…
In Africa ci si sente davvero vicini alla Madre Terra!
foto favolose, chissà che bella esperienza deve essere stata, tanti auguri di buon anno cara!
E’ stata un’esperienza bellissima e assolutamente da ripetere!
Quello in Kenya e’ stato il mio secondo safari, il primo l’ho fatto nel parco Kruger in Sud Africa molti anni fa, e spero di visitare presto anche il Masai Mara, lo Tsavo Ovest e il Serengeti!
tra le foto e i brani del libro, credo che sia uno dei tuoi post più belli in assoluto, sarà che in questo periodo sono abbastanza sensibile ma mi ha davvero fatto venire la pelle d’oca!
Grazie mille Giulia, sono davvero contenta che il post ti sia piaciuto 🙂
Anche a me Karen Blixen fa sempre venire la pelle d’oca!
Che meraviglia amica!!!Le foto con gli elefanti mi ricordano un sacco il safari che ho fatto in Sri Lanka, davvero splendide!
Purtroppo con il 18/35 mm non sono riuscita a fare un granché e oltretutto ci vogliono dei riflessi davvero pronti per riuscire a scattare belle foto durante un safati: tra gli animali in movimento, e le piste disastrate nella savana metà degli scatti sono risultati fuori fuoco!
Comunque è stata un’esperienza incredibile, e vedere gli elefanti fare il bagno è stata una delle emozioni piu’ intense che abbia mai provato!
Un bacione amica :-***