L’impatto con la città di Kyoto per me è stato da colpo di fulmine.
Kyoto è una città incantevole, affascinante e misteriosa con un’atmosfera quieta e mistica ad un tempo; è la culla della civiltà, della cultura e della spiritualità giapponese e passeggiare tra i suoi templi, i suoi giardini e i suoi vicoli lastricati di ciottoli è stata un’esperienza così emozionante da essere dificilmente descrivibile a parole.
Parte dell’essenza di Kyoto risiede anche nella cucina kaiseki, una cucina tradizionale le cui origini (legate inizialmente alla cerimonia del tè) risalgono addirittura al XVI secolo e le cui caratteristiche principali sono il grande formalismo e l’estrema raffinatezza.
Vi raccomando caldamente di vivere l’esperienza di un pasto kaiseki a patto di amare in modo incondizionato il pesce crudo e a patto di avere un pizzico di coraggio e molta curiosità in campo gastronomico.
Una cena kaiseki infatti può essere composta anche da 10/15 piccole portate che però non potete scegliere: il pasto kaiseki, proprio perché formale, obbedisce e regole molto rigide per quello che riguarda le combinazioni degli ingredienti e la stagionalità e quindi viene composto e presentato dallo chef senza sentire affatto il vostro parere.
Insomma scoprirete cosa avete nel piatto solamente quando vi sarà posato davanti e molto spesso si tratterà di ingredienti misteriosi e per lo più sconosciuti in Europa, su cui non dovete necessariamente indagare.
Come direbbe il buon vecchio Andrew Zimmern “Se una cosa vi sembra buona mangiatela!”
Vi confesso che per me è stata una prova di coraggio perché ho dei tabù alimentari molto vasti e che difficilmente riesco a mettere da parte ma, appurato che i menu kaiseki sono composti al 90% di pesce e verdure e che nel restante 10% non sono compresi rettili, plantigradi, ungulati ed equidi, ho deciso di provare.
L’aspetto che colpisce di più in una cena kaiseki è sicuramente quello estetico: l’armonia dei colori, il modo in cui gli ingredienti vengono accostati tra loro, la bellezza delle stoviglie (che molto spesso sono vere e proprie piccole opere d’arte), il modo in cui le stagioni entrano nei piatti con i loro fiori e le loro foglie…
Insomma al di là di quello che avrete nel piatto il suo aspetto vi lascerà sicuramente incantati!
Se fossi stata una brava food blogger avrei preso appunti nella mia Moleskine per riportarvi coscienziosamente i nomi e gli ingredienti di ogni piatto.
In realtà, dopo aver scoperto che l’entrée era nientepopodimenoché dell’abalone crudo che è forse il mio unico tabù nel vasto campo dei molluschi (grazie Andrew Zimmern!), ho preferito non indagare più di tanto sulle portate successive, per arrivare a fine pasto con una certa dose di serenità.
Tirando le somme posso dirvi che è stata un’esperienza speciale e divertente, estetica e quasi spirituale oltre che culinaria e che mi sento di raccomandarvi caldamente il Gion Namba che è uno dei 127 ristoranti stellati di Kyoto per l’atmosfera raffinata ma rilassata e per il buon rapporto qualità prezzo.
I prezzi di un pasto stellato giapponese non sono molto dissimili da quelli che potete trovare in Italia, la differenza è che in Giappone non scoprirete di che morte dovrete morire aprendo il menu (che ovviamente non c’è) ma potete deciderlo comodamente da casa al momento della prenotazione, visto che dovrete scegliere in anticipo il vostro dinner set.
Io ho scelto una fascia di prezzo media con il menu da 10.000 yen a persona che alla fine, con il servizio, le tasse e le bevande, è lievitato a circa 13.000 yen a testa, una cifra decisamente ben spesa.
N.B. Tenete conto del fatto che pranzare in un ristorante kaiseki è decisamente più economico perché i menu del pranzo (con portate limitate) partono dai 5000/6000 yen a persona.
Cara Roberta,
mi sembra veramente un ‘esperienza esaltante e particolare.Faro’ tesoro di tutte le tue informazioni sperando di metterle in pratica al momento giusto. Un abbraccio.Fabiana
Tu adoreresti il Giappone!
Devi assolutamente andare!
Io voglio tornare quanto prima e portare il Signor G. perché sono sicura che piacerà tantissimo anche a lui, benché non impazzisca per l’Oriente in generale.
Un grosso abbraccio.