Quando ho deciso di partire da sola per l’India, nonostante tutti mi dessero della pazza, l’ho fatto perché sono una donna cocciuta e quando mi metto in testa una cosa state certi che prima o poi riuscirò a farla.
L’India è il mio grande Amore, è dentro ad ogni Cassetto dei miei Sogni e non potevo aspettare che qualcuno avesse voglia di ritornarci insieme a me!
Io dovevo andare in India: era un richiamo impellente e l’ho semplicemente ascoltato.
Nonostante l’ammirazione incondizionata di tutte le mie amiche per questo piccolo colpo di testa non mi considero poi una grande eroina: non sono andata in India zaino in spalla, non ho dormito dove capita, non ho frequentato ostelli e treni locali, non ho mangiato (quasi mai) per strada, non sono vissuta con poche rupie al giorno.
Sono tornata in India, ma ovviamente a modo mio.
Ho viaggiato comoda in Business Class, mi sono concessa una settimana in una delle più lussuose Spa asiatiche, ho avuto il mio autista in livrea e ho fatto shopping con una guida di Fiona Caulfield alla mano, come ogni gypsetter che si rispetti.
E’ stato bellissimo, certo… ma non era abbastanza.
L’India scintillante degli alberghi di lusso e dei Maharaja l’avevo già conosciuta sei anni fa e questa volta volevo qualcosa di più: volevo qualcosa di meno perfetto e di più vero.
E così ho deciso di andare in un ashram e di incontrare quell’India spirituale che vagheggiavo da anni senza aver mai avuto il coraggio di avvicinarmici davvero.
Nel mio profilo Instagram c’è scritta una frase ispirata al romanzo Madame Bovary: “I’d like to live in an indian ashram… or maybe in Paris”.
Sono i due aspetti inconciliabili di me: quello vagamente spirituale e quello molto bling bling.
Il secondo l’ho vezzeggiato continuamente in questi anni, senza mai lesinare su glamour e sbrilluccichi (e non parlo solo di vestiti!); il primo invece l’ho sempre relegato in un angolo, scettica riguardo alla possibilità di potergli dare spazio.
Although everyone said me I was crazy, I decided to travel alone to India because I’m a very stubborn woman and when I take the lead on something sooner or later, be swear, I’m gonna do it!
India is my greatest Love and I couldn’t wait for someone to go back again with me.
I had to go back: it was a compelling call and I just listened to it.
Despite of the unconditional admiration from my friends I don’t consider myself a heroine: I didn’t go to India as a backpacker, I didn’t sleep in hostels or riding local trains, I hardly ever ate on the road and I didn’t survived with a few rupee a day.
I went back to India but my way.
I travelled comfy in Business Class, I enjoyed one of the most luxurious asiatic Spas, I had my personal Chauffeur and I went shopping with a “Fiona Caulfield” guide in hand, as any gypsetter worthy of its name.
It was definitely wonderful, but not enough…
I have already known the shining India of the luxury hotels and the Maharaja’s six years ago and I was looking for something more: something less perfect but realer.
So, I went to an ashram and I finally met the spiritual India I’ve been dreaming of for years.
In my Instagram profile there is a phrase that drawes inspiration from the Romance Madame Bovary: “I’d like to live in an indian ashram… or maybe in Paris”.
They are my two incompatible aspects: the vaguely spiritual and the very bling bling.
I’ve been usually caressing the second during the last years, never skimping on glamour and glitter (and I’m not just talking about clothes!), but I always put the first away in a corner, skeptical about the idea to let it come out.
Nel momento in cui ho deciso di osare e di provare l’esperienza dell’ashram ero ovviamente molto spaventata.
Non di fare la fine di Kate Winslet in Holy Smoke, badate bene: mi conosco troppo e sono cosciente dei miei limiti in quanto ad Illuminazioni e Spiritualità!
Ma avevo paura di sentirmi sola e a disagio in un ambiente diverso dal mio… e naturalmente avevo paura dell’India vera.
I media occidentali ci hanno inculcato un sacco di paure in questi ultimi mesi: l‘India è violenta; l’India è cattiva; l’India non è un luogo adatto ad una donna, meno che mai bianca e meno che mai sola!
Ebbene la mia India è stata diversa.
Prendete ogni parola con le pinze, vi prego.
Non sto dicendo che i recenti ed orribili episodi di violenza contro le donne in India siano stati casi montati dai media… purtroppo è tutto vero ed è terribile.
E non sto dicendo che una donna che decida di viaggiare da sola in India possa permettersi di farlo senza prendere le dovute e sensate precauzioni.
Ma sto dicendo che a volte, di sera a Parigi, mi sono sentita più minacciata che a spasso da sola per le strade di Rishikesh, e che in tutto il mondo esistono persone buone e persone cattive, uomini che considerano le donne oggetti di cui abusare e uomini che considerano le donne creature da proteggere e da amare.
Io ho vissuto in un ashram con tre uomini indiani e mi sentivo così sicura e a mio agio da lasciare le mie cose in giro, come faccio a casa, e da dimenticare a volte di chiudere la porta della mia stanza quando andavo a dormire.
Loro tre, i miei cari Ram, Teju e Mukesh sono diventati nel giro di pochi giorni la mia famiglia indiana e conserverò per sempre il ricordo dei loro sorrisi nel mio Cuore.
Ho conosciuto anche altri ragazzi indiani e non parlo del personale di Ananda (ovviamente tutto sorrisi, inchini e good morning Madam): ho fatto un piccolo trekking in montagna e i miei compagni di escursione si sono rivelati ragazzi allegri, dolci e gentili con cui mi sono trovata meravigliosamente a mio agio e con cui sono rimasta in contatto.
La mia India è stata piena di risate, di colori, di gioia e di sorrisi, di gente che mi fermava per strada per fare una foto insieme, di allegria così spontanea da contagiare perfino me, che normalmente sono riservata e musona e pochissimo propensa al contatto umano e agli slanci d’affetto.
La mia India sarà per sempre legata al ricordo dei bagni tra ragazze alle cascate, dei cespugli di fiori rosa profumati di melissa che fioriscono dopo le piogge monsoniche, dei succhi di canna da zucchero bevuti a Lakshman Chowk e della cordicella rossa che mi hanno legato al polso l’ultimo giorno, come in una poesia di Tagore.
La mia amata, incredibile India che non mi ha delusa nemmeno per un istante e che mi ha regalato 18 giorni perfetti, ricambiando in tutto e per tutto il mio Amore.
Quindi amiche mie, nel caso vi venisse voglia di fare un viaggio in questa Terra delle Meraviglie, non lasciatevi scoraggiare ed intimorire dai suoi contrasti e dalle sue Ombre, ma dategli una possibilità!
Io d’altro canto prometto di mettere da parte ogni elegia amorosa dedicata al Sub-Continente Indiano e di condividere con voi nei prossimi giorni i miei consueti travel tips.
So when I decided to venture and experience the ashram I was obviously very scared.
I’m not talking about Kate Winslet in Holy Smoke, mind you! I know my self very well and I know my limits about Illumination and Spirituality!
I was just worried to feel uncomfortable and alone in a framework different from mine… and, obviously, I was scared of the real India.
The western media instilled a lot of theories during the last months: India is violent, India is evil, India is not a place for a woman, much less if white and alone.
Well, my India has been different.
Please, take every word with a grain of salt!
I don’t mean that the recent episodes of violence against women in India are a fabrication of the media… unfortunately, it’s all real and it’s terrible.
And I’m not saying that a woman who decides to travel alone to India can do it without taking the necessary and reasonable precautions.
I just mean that, sometimes, I felt more threatened in Paris at night, than walking alone in the streets of Rishikesh.
There are good and bad people all over the world, men that consider women as objects to abuse and men that consider women as creatures to protect and love.
I lived in a ashram with three indian men and I felt so safe and comfortable to leave my stuff around, like home, sometimes forgetting to close my door when I went to sleep.
My dear Ram, Teju and Mukesh became in a few days my indian family and their smiles will forever be in my Heart.
I also knew other indian people and I’m not talking about the Ananda employees (obviously, they all smile, bow and say “Good Morning, Madam!”): I’ve been trekking in the mountain and my excursion mates were all lovely.
I spent a great time with them and now we stay often in touch.
My India was full of laughs, colors, joy and smiles; people stopping me in the streets to take pictures together, so spontaneous and cheerful to infect even me, usually so reserved and morose, unused to human contact and manifestations of affection.
My India will always be related to the memory of the baths in the waterfalls, the scented pink flowers that bloom after the monsoon, the sugar cane juices drank in Lakshman Chowk and the red rope they tied to my wrist the last day, as in a poem of Tagore.
My beloved and incredible India that never disappointed me, neither a moment, and gave me 18 perfect days, completely returning my Love.
So, my dear friends, if you really want to travel to this Land of Wonders, don’t let shadows and contrasts discourage you and give them a chance!
I promise I will put aside all my elegy about the Indian Subcontinent and share with you my usual travel tips very soon.
bellissimo racconto, amica.
Bello e lucido e oggettivo, sia pure raccontato con gli occhi dell’amore.
Viene voglia di partire.
Per l’India, naturalmente, ma anche verso ogni destinazione che abbiamo nel cuore.
Sono davvero contenta amica, perché hai colto in pieno il senso di questa mia elegia amorosa che voleva essere un piccolo invito a seguire i propri sogni.
Ma non avevo dubbi che, da viaggiatrice a viaggiatrice, ci saremmo capite al volo 🙂
Un bacio :-*