La Marchesa Luisa Casati Stampa ha rivestito fin dalla giovinezza il ruolo di icona di stile nell’ambiente sociale aristocratico del suo tempo: il suo eclettismo e il suo gusto per la trasgressione si sono ben prestati alla rappresentazione artistica e l’hanno rapidamente trasformata in mito mondano e musa per molti artisti.
La giovane Luisa coltiva fin dall’adolescenza il gusto per il macabro, il raro e l’insolito, appassionandosi a personaggi affascinanti e controversi come la Contessa di Castiglione, Sarah Bernhardt ed Elisabetta d’Austria; insolita è anche la sua bellezza quasi androgina: molto alta e magra, pallida, con grandi occhi verdi e capelli tenuti corti fin dai 18 anni d’età e poi tinti di rosso.
Appena sposata Luisa diventa protagonista dei salotti mondani milanesi dove si appassiona all’occulto e ai tarocchi, allora di moda tra gli aristocratici. Conosce Gabriele d’Annunzio durante una caccia a cavallo e intreccia con lui una relazione segreta, dapprima platonica, con intensi carteggi amorosi che li accompagneranno fino alla morte del Poeta.
E’ l’incontro con il Vate a influenzare profondamente il suo stile: inizia ad indossare abiti neri e gioielli veneziani, truccandosi pesantemente gli occhi e diviene per Gabriele (che chiama Ariel) Coré, la fanciulla dal sorriso enigmatico dell’arte greca (Kore).
Conduce la sua esistenza tra Parigi e Venezia e Palazzo Venier dei Leoni diventa il suo buen retiro decadente ed eccentrico: una fastosa residenza in rovina decorata con oggetti rari e tessuti preziosi e popolata di animali esotici e domestici africani.
Negli anni veneziani frequenta Mariano Fortuny y Madrazo ed organizza meravigliosi balli che consolidano il suo successo mondano, rendendola un vero e proprio modello di eleganza per le nobildonne veneziane dell’epoca.
La Divina Marchesa si presenta ai suoi balli con costumi onirici e fastosi disegnati per lei da Ertè, Poiret e Leon Bakst, spesso accompagnata da due leopardi al guinzaglio.
Diviene pian piano un’opera d’arte vivente, una vera dandy al femminile e si lega ai Futuristi di cui diventa musa ed egocentrica mecenate.
Viene immortalata da pittori e scultori com Boldini, Troubetzkoy, Van Dongen, Beltran y Masses, Balla, Zuloaga, Romaine Brooks.
All’inizio degli anni ’20 elegge a sua dimora Capri (rifugio dorato per artisti, intellettuali, poeti e ricchi omosessuali) dove prende in affitto Villa San Michele, la storica residenza del medico svedese Axel Munthe.
Qui inizia ad interessarsi alla magia nera e si circonda di un’elite intellettuale estremamente stravagante e decadente; ospita l’amante d’Annunzio e artisti come Depero, Tamara de Lempicka e Cocteau e frequenta le feste orgiastiche del Barone d’Adelsward-Fersen.
Lasciata Capri si trasferisce a Parigi nel Palais Rose appartenuto al Conte di Montesquiou che ribattezzerà con il nome di Palais du Rêve.
Qui conosce e frequenta Dalì, André Breton e Man Ray che scatta nel 1922 il celebre ritratto meduseo di Luisa Casati.
I suoi balli parigini, Le Bal Venetien e Le Bal du Grand Prix all’Opera de Paris in primis, entrano nel mito ma contribuiscono anche alla sua rovina economica e al suo declino: ormai ridotta in miseria la Marchesa nel 1936 è costretta a trasferirsi a Londra, raggiungendo la figlia Cristina.
Pur nella decadenza fisica ed economica la Casati continua ad incarnare le vesti di musa anche nei suoi anni londinesi: ispira Jack Kerouac, Tennessee Williams e il drammaturgo francese Maurice Druon, il cui romanzo La Volupté d’être del 1954, viene trasformato in un dramma teatrale interpretato da Vivien Leigh.
Nel 1954 Cecil Beaton la immortala in un ultimo tragico ritratto, pochi anni prima della morte avvenuta a Londra nel 1957 all’età di 76 anni.
La Marchesa Luisa Casati Stampa viene sepolta nel cimitero di Brompton e sulla sua tomba campeggia l’epitaffio “Il tempo non può farla sbiadire, e nessuna abitudine può far decadere la sua infinita varietà”, tratto dalla tragedia shakespeariana Antonio e Cleopatra.
Mai parole furono più vere: il mito della Divina Marchesa non muore con lei e il mondo della moda continua nel tempo a rendere omaggio ad una delle sue più indimenticabili icone.
Già nel 1921 il futurista Marinetti aveva consacrato la sua sbalorditiva eleganza scrivendo che “essa rimane la prova vivente che l’Italia se vuole può domani vincere anche il primato della moda Parigina” e che “questa milanese geniale ha saputo […] battere clamorosamente in eleganza eccentrica […] tutto ciò che di più originale, elegante, eccentrico e snobistico conteneva Parigi”.
E nel corso degli anni a dargli ragione sono stati stilisti del calibro di John Galliano (che celebrò la Casati nella sfilata Dior Haute Couture ss 98) e Karl Lagerfeld, che alla Marchesa ha dedicato la Collezione Resort 2010 di Chanel e gli scatti in cui ha immortalato nel 2003 Carine Roitfeld per The New Yorker.
Ma non solo: perfino il nome del brand americano Marchesa, creato da Georgina Chapman e Keren Craig nel 2004, altro che non è che un omaggio a Coré e la stessa Chapman è stata immortalata nelle vesti di Luisa Casati dal fotografo Peter Lindbergh.
[Sources: I ritratti della Marchesa Luisa Casati tra il 1900 e il 1950 di Virginia Villo]
Ci ho scritto la tesi di laurea su di lei, e’ un personaggio così affascinante che risulta impossibile non calarsi nel suo mondo e nelle sue store, ti consiglio la sua biografia “Infinita Varietà”. E poi i suoi vestiti, peccato non si sia salvato nulla di tutti gli abiti di Poiret, Bakst e Worth.
Bel post, complimenti.
L.
Ciao Lorenzo,
grazie mille per il consiglio! Mi procurerò sicuramente la sua biografia 🙂
Io me ne sono innamorata grazie alla recente mostra al Museo Fortuny di Venezia e mi sto appassionando molto al suo personaggio!
Personaggio sicuramente affascinante.
Ti consiglio anche la sua biografia a fumetti realizzata da Vanna Vinci “La Casati. La musa egoista”
Grazie mille per il consiglio 🙂