Il mondo lento, fashion e sostenibile di The Slow Catwalk. 8


Oggi facciamo una chiacchierata con Sandra di The Slow Catwalk per scoprire come le parole fashion, ecologico e sostenibile possono convivere in armonia all’interno di una stessa frase!

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– Parlaci un po’ di te, chi c’è dietro The Slow Catwalk? 
Dietro The Slow Catwalk ci sono io, il mio fido computer che prima era un piccolo notebook e poi è cresciuto, ci sono mille uncinetti e ferri da maglia, milioni di gomitoli di lana, parecchi libri ma mai abbastanza e un grande desiderio di andare a vivere in collina, coltivare un orto e prendere alcuni animali da fattoria, tra cui gli alpaca, ovvio.

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– Com’è nato il tuo blog? 
Il mio blog è nato in seguito ad una sorpresa: quella di trovare tante alternative alla cosiddetta fast fashion. Dopo aver definitivamente compreso che la moda non sostenibile non faceva per me, mi sono messa alla ricerca di brand e stilisti che avessero a cuore l’ambiente, chiunque lavorasse per loro e il buongusto. Ne ho trovati molti e molti di più di quanto mi aspettassi. The Slow Catwalk è nato quindi per raccogliere queste scoperte e condividere la sorpresa! Poi a metà percorso si è fatto spazio anche il mio amore per la traduzione e ai post sulla moda etica ho affiancato la rubrica del venerdì Clothes in Translation per cercare il corrispettivo in immagini di quello che leggo.

– il tuo concetto di “moda lenta” ed etica.  
Onestamente arrivata a questo punto posso dire che la moda che prendo in considerazione è solo quella etica. Sapere cosa c’è dietro l’industria della moda è facile e spesso inquietante purtroppo. E io non posso davvero aver bisogno di un paio di jeans che hanno creato inquinamento e povertà vicino o lontano da casa mia. La catwalk che mi affascina e da cui mi faccio ispirare non la voglio esaltata e cieca di fronte all’evidenza, ma lenta e consapevole come quella dei piccoli marchi artigianali e delle grandi firme che sanno stare al passo. E per fortuna ci sono anche quelle.

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The Slow Catwalk Handmade è stata un po’ la naturale evoluzione del tuo blog. Raccontaci come è nata l’idea di produrre piccoli accessori sferruzzando e lavorando all’uncinetto. 
Sono nata e cresciuta in mezzo alle stoffe, ai cartamodelli e alla creatività di una madre sarta. I filati, le lane, i tessuti e gli strumenti ad essi connessi hanno sempre esercitato un grande fascino su di me e fin da piccola ho imparato a cucire e a lavorare ai ferri. Ma per molti anni sono rimasta nel limbo dell’eterna principiante. Poi poco tempo fa ho deciso di fare il salto e grazie anche ai milioni di blog, tutorial e video che si trovano sul web ho imparato a fare cose più impegnative. I modelli che scelgo o che invento rimangono però semplici e molto minimalisti come piacciono a me perché voglio che il protagonista rimanga il materiale che nel mio caso è la lana bio e i tessuti ecologici o vintage.

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– Gran parte dei materiali che usi sono vintage e immagino ti siano particolarmente cari visto che provengono dal negozio di tuo nonno, chiuso negli anni ’80. Dare nuova vita a questi oggetti dimenticati serve anche a far rivivere i tuoi ricordi d’infanzia? 
Ricordo molto bene la vecchia bottega di mio nonno e i vestiti, la biancheria e i cappotti confezionati in modo impeccabile che si vendevano. E ricordo anche le scatole piene di bottoni, nastri e fili per ricamare. Quando il negozio è stato chiuso alla fine degli anni ’80, tutte le rimanenze sono state traslocate al piano inferiore a quello in cui abitavo e spesso scendevo in queste stanze ad annusare il profumo dei vestiti nuovi ma vecchi, anzi antiquati, come mi dicevano allora. Potevo rimanere lì per ore. Queste visite solitarie hanno contribuito enormemente al mio amore per la moda, il vintage, le epoche lontane e le sue storie.

– Nell’era del low cost e dell’usa e getta qual’è la tua ricetta per vivere in maniera responsabile senza rinunciare ad essere un po’ frivole e fashion
Le donne che io ammiro per come si vestono non danno mai l’idea di aver rinunciato a qualcosa ma piuttosto hanno saputo scegliere quello che piace e che sta bene a loro. Diciamo che per vestirsi in maniera responsabile basta farsi sorprendere ancora una volta dalle infinite proposte del vintage, dei mercatini di abiti usati, dall’handmade che spopola un po’ ovunque sul web e nelle piazze delle nostre città e ovviamente dai brand di moda etica. Suggerisco invece di rinunciare ai capi delle catene low cost e dei piccoli e grandi marchi che producono seguendo appunto i dettami della moda usa e getta.

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– La tua icona di stile? 
Non ho un nome da dare alla mia icona di stile perché spesso le ispirazioni mi arrivano da più parti: da un blog, un film, un personaggio di un libro, da una foto, un’amica, o qualcuno che incontro per strada. Ma spesso cerco e trovo molti suggerimenti negli armadi delle donne ritratte da Jeana Sohn su http://closetvisit.com/

– Il tuo viaggio da sogno nel cassetto? 
Di viaggi da sogno ne devo fare ancora tanti. Uno in verità l’ho già fatto ed è stato a San Pietroburgo qualche anno fa. Adesso sogno di andare in terre lontane come la Mongolia e l’Armenia. L’importante è viaggiare e non fare i turisti.

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– Il libro sul tuo comodino? 
Il mio comodino è fatto di libri e quello che sto leggendo adesso è L’idiota di Dostoevskij dove sicuramente troverò un brano adatto per Clothes in Translation!

– Cosa non deve assolutamente mancare nel tuo armadio? 
Lavoro prevalentemente con la lana ma mi piace il caldo. Quindi nel mio armadio non deve mai mancare un vestito leggero che mi ricordi che l’estate arriverà presto.

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– Un piccolo consiglio fashion per questo autunno-inverno?
In questo periodo mi piacciono molto i colori che si avvicinano alla natura, l’opposto delle tinte super vivaci e sintetiche per intenderci. Quindi quest’inverno mi piacerebbe vedere in giro cappotti e abiti dalle tinte naturali e molti, molti meno piumini neri.

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Miss Bailing

Informazioni su Miss Bailing

Gypsetter, sognatrice, viaggiatrice entusiasta ed instancabile. La mia passione più grande sono i cavalli e il mio tesoro è Sero, un sauro di 30 anni con cui ho condiviso buona parte della mia esistenza. Come Emma Bovary anche io oscillo perennemente tra il mio lato mistico (che vorrebbe ritirarsi a meditare in un ashram indiano) e quello bohémien, il cui sogno nel cassetto è una chambre de bonne nel Marais.

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